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Dopo l'indipendenza della Sicilia, nel Regno di Napoli, rimasto in potere di Carlo I d'Angiò (1266-1285), veniva ridelineato l'assetto amministrativo territoriale, che nel periodo di attività (secoli XIV-XV) delle zecche trattate in questa sede contava 12 province: Terra di Lavoro, Principato Citra, Principato Ultra, Basilicata, Calabria Citra, Calabria Ultra, Terra di Otranto, Terra di Bari, Abruzzo Citra, Abruzzo Ultra, Contado di Molise e Capitanata. Pochissimi anni prima, a seguito della riforma monetaria avviata nel 1278, era cambiata anche la geografia delle zecche, con l'istituzione di una zecca "centrale" nella capitale (Napoli), coadiuvata sporadicamente dalla zecca di Brindisi. Da qui l'esigenza, per i regnanti, di aprire una serie di zecche "minori" per ausilio nei periodi di guerra. Le zecche minori dislocate nelle province settentrionali, confinanti con lo Stato della Chiesa, che oggi comprende parte del basso Lazio, l'Abruzzo e il Molise, sono la maggioranza di quelle attive nell'età angioino-aragonese (secoli XIII-XVI), ma in questa sede non verranno comprese le zecche attive in forma più stabile, Aquila (Abruzzo Ultra) e Gaeta (Terra di Lavoro), oggetto di separata pubblicazione, e Sulmona (Abruzzo Citra), già trattata singolarmente; Tagliacozzo (Abruzzo Ultra), invece, rientrando nello Stato della Chiesa viene inserita in Appendice.